Psicoterapia della Gestalt
“Così come non pensiamo alla musica di Bach come al risultato dei precedenti stili italiano, tedesco e francese, ma siamo al contrario colpiti dall'unicità della sintesi piuttosto che dal riconoscimento delle sue componenti; così la nuova costruzione della terapia della gestalt ci colpisce più dei mattoni di cui è composta.” C.Naranjo (1989)
La terapia della Gestalt, che inizialmente era stata chiamata della Concentrazione o Esistenziale, utilizza un termine tedesco che significa struttura-forma e che tradizionalmente si riferisce al concetto insiemistico della omonima psicologia della percezione, che mette in evidenza l'attitudine dello psichismo a cogliere quell'insieme che dà senso e quindi supera la semplice sommatoria degli elementi costitutivi.
La terapia della Gestalt nasce intorno al 1950 ad opera di Frederick Perls, con la collaborazione di R. Hefferline e P. Goodman. Si tratta di un metodo psicoterapico post-analitico che integra modelli corporei, esperienziali, del profondo, di gruppo e familiari.
Ogni esperienza non può che avvenire al confine di contatto tra “un organismo animale umano” e il suo ambiente. Ed è proprio ciò che avviene in questo confine ad essere disponibile alla nostra osservazione e all’intervento terapeutico.
Nella psicoterapia della Gestalt la relazione tra terapeuta e paziente ha lo scopo di aiutare il soggetto a superare i blocchi o le fissazioni acquisiti in precedenti relazioni, poi diventati parti inconsapevoli del sé. Uno dei punti caratteristici della terapia della gestalt è che il terapeuta e il suo cliente sono due “partners” impegnati in una relazione duale autentica, anche se i loro rispettivi status e ruoli sono diversi. Il terapeuta Gestaltico infatti incoraggia il paziente nel procedere in un percorso di esplorazione del sintomo, piuttosto che di comprensione ed il terapeuta stesso è presente nella propria qualità di persona nell'ambito di una relazione attuale “Io/tu”.
"Il cambiamento accade quando iniziamo ad essere quello che siamo e non quando si tenta di essere ciò che non siamo". A.Beisser (1970)
Secondo la psicoterapia della Gestalt, ciò che cura non è la comprensione razionale e quindi il controllo del disturbo, bensì il sentirsi riconosciuti nella intenzionalità di contatto verso l’altro significativo.
Lo scopo della cura è che il paziente ritrovi la spontaneità nel contattare l’ambiente. Ogni percorso terapeutico rappresenta un modo in cui il paziente dà al terapeuta e a se stesso l'occasione di rifare una storia relazionale; vivendo un’esperienza del passato nel contesto protetto della relazione terapeutica, il paziente può percepire se stesso e le situazioni difficili diversamente, sentendosi più libero e capace di dare il proprio contributo al mondo in cui vive.
Compito del terapeuta è quello di favorire un processo di auto-conoscimento e di assunzione di responsabilità rispetto ai propri desideri e ai propri sogni attraverso un percorso volto ad eliminare gli impedimenti personali al processo di autorealizzazione.
Fondamentale, per favorire tale processo, sarà la qualità della presenza del terapeuta. Per il terapeuta gestaltico essere presente significa aiutare l’altro a vedere ciò che ancora non vede, permettere al paziente di essere presente alla propria presenza, restituendogli il punto di vista di un osservatore relazionale.
Restituendo al paziente un punto di vista che non è oggettivo o esterno, ma è invece quello di un osservatore capace di dar conto del proprio esserci, la terapia gestaltica costruisce una circolarità non viziosa e permette l’uscita dalla gabbia casualità – casualità.
Assumersi la responsabilità di se stessi, delle proprie scelte e del proprio modo di agire è uno dei presupposti fondamentali del processo di crescita terapeutica gestaltica. Ciò che rende un approccio “gestaltico”, è il principio di realtà-consapevolezza-responsabilità, ovvero la prescrizione: "prenditi la responsabilità, sperimentati come attore delle tue azioni, sperimenta te stesso".